17 dicembre 2020

Consiglio di lettura giovedì 17 Dicembre



STORIE DI GENTE FELICE

LARSS GUSTAFSSON

IPERBOREA 2020

Traduzione di Carmen Giorgetti Cima

Copertina: SHOUT  - Alessandro Gottardo

C'è in questa raccolta tutto lo spirito di Larss Gustafsson.  Avevo conosciuto ed apprezzato l'autore per i  romanzi  "Morte di un apicoltore" e "L'uomo sulla biciletta blu" ; in questo ultimo lavoro, pubblicato da Iperborea,   ho avuto la conferma della profondità di analisi e della capacità di scrittura di questo scrittore svedese, anche se scrittore è riduttivo, piuttosto uomo erudito, profondo conoscitore della matematica , della filosofia, amante della poesia (e non ultimo cultore del tennis :)  che ha avuto  in dote le grandi qualità della chiarezza e della sintesi e il raro valore di trasmettere, emozionando, i grandi principi fondamentali del pensiero universale sulla eterna ricerca della felicità.

Dieci storie di gente felice, dieci storie di gente comune che apparentemente non appaiono risolte felicemente ma che lasciano al termine del racconto un senso di completezza e di sollievo. Non è nelle grandi imprese che si riconosce la felicità ma nei gesti quotidiani e soprattutto nelle possibilità che sono concesse all'uomo dalla vita,  nelle varianti che essa può offrire ogni nuovo giorno, quando e se si è capaci di uscire da sé e cercare al di là degli orizzonti il proprio senso di esistere, percorrendone le diverse soluzioni.  Nei dieci racconti che compongono la raccolta si alternano momenti di grande poesia stilistica (E sopra di lui quel cielo di città del Sud, blu come il cielo della poesia di Mallarmé, l'Azur, un inebriante vuoto blu da cui si poteva essere inghiottiti, se non si stava attenti) a concetti carichi di grandi verità resi semplici dal fluire leggero della lettura

Ho colto un piacevole senso di allargamento di vedute e sono state frequenti le soste durante la lettura, viva la necessità di chiudere le pagine e lasciare che le sue parole risuonassero il mio pensiero.

Può essere un libro delle risposte sui perché della esistenza e  dei grandi sentimenti che la governano...i perché dell'amore, del dolore,  gli istinti fuggitivi, le curiosità della conoscenza che danno un senso al vivere...le risposte sono lì nella rivelazione improvvisa di un'immagine.

"lei  lo accompagnò fino a giù. In quella breve passeggiata, lui si rese conto di amarla. L'arrivo della nave fu un grande sollievo. Lei fece un breve gesto dalla banchina, un gesto o l'accenno esitante di un gesto, che forse voleva dire - scrivimi-, oppure - Ti scriverò- . In seguito si scambiarono qualche lettera molto cortese, con la sensazione di essere stati vicini a qualcosa di Grande, senza aver mai il coraggio di nominarlo. La Grandezza era arrivata. E non erano stati capaci di coglierla."

"Di un plastico uno a uno non si può mai avere una visione di insieme. Finisce sempre fuori dall'orizzonte, non si possono seguire i treni tutto il tempo. Forse è il fatto - disse la ragazza - che la letteratura è così enormemente più facile da trattare della vita. La letteratura è come un modello in scala ridotta. E nella vita i treni scompaiono sotto l'orizzonte"

"Il mio matrimonio infelice, e fallimentare dal principio alla fine, mi ha convinto che l'amore in definitiva non sia nient'altro che una forma d'invidia. Il tentativo di diventare qualcun altro quando non sopportiamo più di essere  ciò che siamo."

"Quello che lo colpiva sempre di più era il narcisismo di tutta quella mania dello sport. Per chilometri, decine di chilometri in tutte le direzioni, uomini e donne giovani, di mezz'età e vecchi correvano, pedalavano, tiravano con l'arco, giocavano a pallavolo e Dio sa a che altro, e in fondo non erano che una generazione cieca, vagamente narcisistica, che si dedicava all'ultimo, estremo, e per certi versi più fragile di tutti i continenti della speranza: il proprio corpo. Il corpo era la propria fortezza, il proprio territorio personale contro un mondo esterno essenzialmente indifferente. .. Ma il corpo era ambiguo: non era solo fortezza contro il mondo esterno era anche la prima e più immediata forma di mondo esterno che si incontrava. L'unica che si potesse  controllare. E l'unica che si potesse perdere.  Il corpo era l'unica area del mondo dove dominava l'ambiguità. Per questo bisognava correre".

Il mondo del dolore era pieno, completo, un universo in cui nulla poteva essere sottratto né aggiunto. Era il più perfetto dei mondi, perché aveva un unico contenuto, e questo contenuto si estendeva uniforme nello spazio circostante. In quest'altro mondo, che un tempo doveva essere esistito, come il salmodiare monotono di un vecchio professore, come i lievi movimenti dell'edera fuori dalla finestra che precedevano una pioggia pomeridiana..... in questo altro mondo c'era qualcosa che mancava. Era meno perfetto"

Nessuno sa di preciso cosa sia un essere umano. C'è una tenebra dietro l'uomo, e questa tenebra persisteva a inviare segnali inconciliabili con tutto ciò che ci si aspettava da lui. 

Micaela