Diversità, discriminazione, evitamento, segregazione, sono
tematiche quotidiane di discussione, di cronaca, di tentativi di egualitarismo
che hanno come fine ultimo il tentativo di affermare il protagonismo di ogni
essere umano che vive su questa Terra. Un fine ambizioso e soprattutto
minacciato ogni giorno da antichi pregiudizi, convenzioni sedimentate nelle
mentalità, valutazioni rigide e definite.
La lettura di questo romanzo scritto dal
Premio Nobel Doris Lessing, ha aggiunto anche le osservazioni del nostro gruppo di lettura al panorama di un tema così ampio e così lungamente trattato. Il quinto figlio
è la storia di una famiglia che nella sua tensione all'ideale, viene, ad un
certo punto, disturbata dalla nascita di un figlio che non si ordina
all'interno del nucleo ma se ne distoglie creando una sorta di frattura che
ogni elemento cerca a modo suo o di sanare o rimuovere.
Utili si rivelano le testimonianze di casi riconducibili all'oggetto del romanzo. Rita e Daniela, ex insegnanti, testimoniano molti episodi scolastici con protagonisti bambini problematici i cui genitori manifestano tutta la loro inadeguatezza e denunciano un apparato scolastico che non è, ancora, in grado di supportarli come dovrebbe o di creare modelli adatti a queste situazioni, il sostegno così chiamato diventa perciò un contenimento più che un'opportunità.
Il protagonista della storia è Ben il quinto figlio di Harriet e David, che fin dalla nascita, crea scompiglio per il colore della pelle, per il fisico grosso, muscoloso, forte. E' un bambino che suscita spavento terrore e mette a disagio chiunque gli si avvicini, un bambino spaventoso, capace di mettere a disagio chiunque lo guardi, non si inserisce nel contesto di famiglia perfetta armonica e affettuosa il cui modello era così ammirato dalla società. Appare da subito un essere figlio della Natura più che di esseri umani incapace di riconoscenza e affetto, quasi un essere preistorico che sopravvive per se stesso con atti violenti ed estremi. Qui avviene la frattura: la famiglia che prima costituiva un ideale quasi da onorare ora viene evitata ed emarginata. La soluzione per riafferrare l'ambita felicità e il proprio spazio autorevole nel mondo sembra quella di eliminare la "mela marcia", allontanandola per evitare che, come dice Daniela, l'elemento famiglia "salti", si rovini. La corsa verso la felicità, la fame di perfezione, scatena una sorta di "temporale" esistenziale, interpretato quasi come una vendetta come una punizione all'arroganza alla superbia di ottenere il tutto.
Anche la scelta della mamma di riportare a casa il figlio, chiuso nell'istituto come soluzione per ritrovare l'ordine famigliare, accende opinioni e riflessioni. Così, se istintivamente verrebbe da pensare all'infinito amore materno che vince su tutto, più approfondita si fa l'analisi più convergono altre osservazioni: il placare un senso di colpa, il senso dell'ingiustizia nei confronti della società, il senso del doverlo fare. Non vi si riconosce l'ancestrale amore materno incondizionato, prova ne è l'immediata conseguenza ad un atto potente forte quale quello della madre che affronta da sola il viaggio di ritorno esposta ad un grande pericolo; una volta rientrato in casa, infatti, il ragazzo non viene accolto dall'amore o da una disponibilità famigliare ritrovata, ma accudito dalla televisione che gli offre un mondo accattivante che lo attrae e lo allontana ancora di più dal nido originario.
Ed è qui che già si intravvede il finale: lasciare che Ben intraprenda la sua strada, rinunciando al sogno così ormai pregiudicato dalla realtà. Solo che la sua è una strada "diversa", diversa persino dall'altra presenza di ragazzina down che però nella sua problematicità è inserita nel contesto e quindi amata e accettata. Ben non si può ricondurre a nessuno dei modelli se non a quello selvaggio violento pericoloso anaffettivo e quindi attratto da un mondo di delinquenza e di malefici che gli adulti guardano e denigrano a distanza.
Il linguaggio usato da Lessing in questo romanzo non poteva che essere crudo, duro, spigoloso anche se la lettura è scorrevole e chiara e per questo il libro è piaciuto, anche nei risvolti secondari: la descrizione di una società accelerata e mossa da desiderio di affermazione, in ogni caso e a volte anche contro logica, la concezione del "brutto" che rovina l'immagine, il mancato sforzo nel considerare il "non convenzionale" in modo relativo discostandosi dal personale punto di vista, qualche richiamo al libro di Suskind "Il Profumo", per la presenza di un essere al limite dell'umano, al confine con il mondo magico. Al centro delle nostre riflessioni rimane comunque l'inadeguatezza di una struttura sociale che smette di funzionare appena il meccanismo si inceppa per un corpo estraneo e il finale non può essere che quello ricorrente e quasi universale nella letteratura : nessuno è felice a questo mondo.