Autore: Giorgio Manganelli
Editore: Graphe.it
Con testo di Lietta Manganelli
Anno 2021
Per il mese di febbraio il nostro capogruppo Oreste Sabadin ci ha proposto la lettura di "Notte tenebricosa" di Giorgio Manganelli. Abbiamo accolto la sua sfida per un'opera che non è di facile lettura, ma che abbiamo apprezzato, alcuni con qualche perplessità, per lo straordinario contenuto immaginifico che essa contiene. Attraverso il proliferare di immagini visionarie Manganelli costruisce la sua versione del destino tragi-comico dell'uomo, ricorrendo alla poesia, alla fantasia, alla religione, ai miti.
Nel suo mondo non esiste la dicotomia male/bene, Dio/diavolo, ma al suo posto regna sovrana l'ambiguità fatta di figure "sghembe", empie e sacre al tempo stesso.
Il Paradiso/Inferno manganelliano è abitato da angeli- demoni come Eleuterio e Asmodeo e da mediatori come il grottesco Avvocato che mantengono rapporti con entrambi i mondi, funzionari di Dio, ma che strizzano l'occhio anche ai diavoli.
Paradiso e Inferno sono quindi immagini speculari e l'uomo è destinato come in una giostra, ora alle delizie del primo, ora allo strazio del secondo senza alcun merito né logica.
Un Manganelli piu' poetico che ironico, auspica a una religione del futuro che predichi la caduta del muro del paradiso e di quello dell'inferno affinché ci possa essere scambio dei rispettivi ospiti attraverso tunnel, metropolitane e sopraelevate perché:
"forse vi sono pregi nel porcellanato empireo e nel cromaticamente intenso inferno, bellezze che non vanno né obliate né perdute."
Il libro si apre con numerose metafore culinarie (e qui l'ironia regna sovrana) in cui il cosmo sembra debba trasformarsi tutto in cibocommestibile. Ecco che l'esistenza del genere umano con le sue tribolazioni è solo un lungo processo di maturazione, stagionatura e cottura per trasformare l'uomo alla fine, "in degno cibo per gli dei".
E in tutto questo che cos'è la "Notte tenebricosa"? La figlia Lietta definisce la Notte: "luogo privilegiato dell'anima", molto caro a Manganelli.
In un mondo a gambe all'aria, privo di qualsiasi metro di valori, la Notte è l'unica depositaria dell'Amore e nell'immaginario dell'autore assume le vesti sempre femminili ora di madre/massaia che cucina per " un Dio contadino, sanguigno e affamato", ora in "gramaglie" sempre addolorata e in lutto, avvolta tutta nel suo dolore arcaico per un Dio ormai morto che non può più concupire; o ancora perpetuamente dedita all'inseguimento dell'amato e cromatico Giorno, ma destinata a non raggiungerlo mai.
La troviamo vestita dei suoi diamanti (le stelle), del suo medaglione (la luna) e dei suoi anelli (i pianeti) perché è vanitosa e "femmina di immensa bellezza". O raccontata attraverso metafore erotico-sessuali dove la Luna diventa la sua vulva, i Cicli Lunari i suoi mestrui, le Eclissi i coiti non andati a buon fine... E infine ammattita, immersa insieme a noi, suoi figli "nel manto nero come la pece della sua notturna depressione dalla quale non ci potrà mai lavare il candeggiante, scadente Sole".
Una Notte/Anima che ci guarda dall'alto con compassione, sempre innamorata e mai ricambiata, fragile e indifesa, consapevole della sua eterna solitudine e forse per questo "regina delle abbandoniche". Nelle molteplici metafore culinarie è sempre presente come pentola, contenitore, dispensa, cantina, caverna, avvolgente e amorevole, accogliente e "uterina".
Nessun commento può rovinare la lettura dell'opera di Manganelli perché è la scrittura la vera protagonista: riccamente adornata di metafore e ossimori, geniale e artificiosa, sapiente e "un po' malata", che attinge ai contenuti del passato ma che al tempo stesso guarda al futuro con i più strambi accostamenti linguistici e invenzioni.
Patrizia C.