Il 10 febbraio 2023 presso il Palazzo Giacomelli di Treviso si è tenuto il Convegno “Venetarium, le Voci della narrativa Veneta”. Lì per noi Oreste e Mario che ringraziamo per il contributo.L’incontro, curato da Alessandro Cinquegrani e Gianluigi Bodi e promosso dall’Associazione Amici di Giovanni Comisso, è stato ospitato a Palazzo Giacomelli dalla Confindustria Veneto est con i patrocini del Dip. Studi Umanistici Università Cà Foscari, Comune di Treviso e appunto Confindustria.
A confrontarsi con i più affermati (Matteo Melchiorre, Paolo Malaguti e Ginevra Lamberti nell’ambito della letteratura e Miguel Vila nel sempre più distinto comparto delle graphic novels) e sotto l’attenta cura di Cinquegrani e Bodi una serie di autori anagraficamente più giovani e con alle spalle almeno un libro pubblicato che, con interventi di circa venti minuti, hanno letto e commentato alcune pagine dei loro scritti.
Nella sezione del mattino abbiamo così fatto la conoscenza di Enrico Prevedello, classe1984 insegnante, nativo di Borgoricco (PD) e della sua opera prima “Le stelle mobili del sottosuolo” edito da NEO Edizioni, nella quale si racconta la vita in un mondo dispotico; della ventisettenne veneziana Fosca Salmaso e del suo libro d’esordio “Mia sorella” che vanta già un editore importante come il Saggiatore sorretta da un Master in Storytelling & Performing Arts della Scuola Holden di Torino; del trentunenne padovano Marco Malvestio (ricercatore universitario nel campo fantascientifico ed ecologico) che ha presentato la sua opera intitolata “Annette”, storia di una pornostar che ha interrotto la sua carriera, edita da Nottetempo ed infine di Miguel Vila, illustratore trentenne padovano che ha pubblicato la sua seconda graphic novel “Fiordilatte” dopo la prima “Padovaland” entrambe per la casa editrice specializzata CANICOLA di Bologna.
Nella tavola rotonda che ha concluso le esposizioni mattutine non è parso distinto il tratto della comune origine veneta se non in parziali riferimenti geografici o urbanistici alle città di origine (Salmaso, Prevedello e Vila). Piuttosto ridotta se non assente la spinta ideale e sociale alla scrittura nelle risposte dei giovani autori quali hanno palesato solo una volontà di scrivere storie lasciando ai lettori il resto.
Le due sezioni pomeridiane hanno visto l’avvicendarsi di sei autori.
Nella prima ha aperto la già conosciuta Ginevra Lamberti, trentasettenne veneta di adozione, che ha presentato il suo terzo romanzo “Tutti dormono nella valle”, edito da Marsilio, che parla di fratture generazionali negli anni settanta; è stata la volta poi di Matteo Melchiorre (classe 1981) che proseguendo nel filone del romanzo storico ha riferito del suo libro “Il Duca” - Einaudi editore - storia epica tra furia del potere, leggi naturali e libertà individuale; la scrittrice/attrice di origine slovacca Jana Karšaiová (n. 1978) e residente a Verona ha concluso la sezione parlando del suo primo libro ”Divorzio di velluto” nel quale si affrontano i temi dello sradicamento e della rinascita. Nell’approfondimento a ranghi uniti è emersa la maggiore maturità degli autori che, a differenza dei giovani del mattino, non hanno nascosto le motivazioni sociali che li spingono a scrivere e a confrontarsi anche sul piano politico.
La sezione finale è stata aperta dalla bellunese classe 1982 Francesca Zanette che si occupa a Treviso di marketing e comunicazione e che ha presentato il suo libro d’esordio “Dove qualcosa manca” (ed. Readforblind) con il quale getta uno sguardo sul dopoguerra vissuto in un piccolo paese delle Prealpi Venete; di seguito è venuto il turno del nativo veneziano (ora a Milano) Andrea de Sprit (n. 1989) che con il suo primo libro “Ogni creatura è un’isola” (ed. il Saggiatore) citando il Sisifo di Camus si inerpica in una ricerca che conduce ad accettare l’assenza di una persona cara. La chiusura delle esposizioni individuali dell’ultima sezione è stata affidata a Paolo Malaguti, nato alla fine degli anni settanta a Monselice e insegnante alle scuole superiori, che con riferimento al tema della giornata ha attinto dal suo viaggio sentimentale tra le parole venete “Sillabario veneto” ed. BEAT leggendo la definizione della parola “mona”. Nella tavola rotonda finale, che ha anche chiuso i lavori dell’incontro, è risultato in misura maggiore che nelle precedenti il nesso alla comune radice (Zanette e Malaguti) con l’inserimento nel testo di suggestioni e riferimenti dialettali.Encomiabile l’iniziativa coordinata del duo Cinquegrani – Bodi che, pur con i limiti dovuti ad una struttura organizzativa e scenica migliorabile, ha messo in risalto la vitalità degli autori veneti giovani e meno giovani. Forse era il caso di approfondire, sempre con riferimento al tema proposto, quali (e come) gli scrittori veneti del passato hanno ispirato gli autori presenti all’incontro e attraverso quali letture.
Mario Pigato
Sono molte le occasioni in cui si parla di identità. Identità culturale, artistica, nazionale, professionale e altre ancora. Nello specifico di Venetarium si fa riferimento alla identità veneta e in particolare nel campo della scrittura di autori e autrici giovani e meno giovani che animano la scena attuale della narrativa regionale.
Si è confermato che i confini dell’identità sono per forza di cose aperti, che non esiste un senso unico delle cose, ma, fortunatamente, e la storia dell’umanità lo conferma, che le contaminazioni e gli scambi sono da sempre utili, necessari e inevitabili. Scrivere (vivere) in Veneto è una questione geografica o logistica, il bisogno di confronto culturale, politico, sociale va molto al di la dei limiti amministrativi e come loro famosi predecessori (Parise, Comisso, Zanzotto e il più recente Trevisan) la tensione porta a una certa universalità, ovviamente con le dovute differenze personali, tenendo conto che la comunicazione dei nostri giorni è, grazie alla diffusione delle possibilità digitali, molto più libera, più fluida, immediata e contaminata.
Certo non è da sottovalutare la valenza locale, perché anche le convenzioni sociali e l’ambiente istituzionale in cui ci si muove hanno il loro peso e possono contare e condizionare, almeno per quegli autori che fanno i conti anche con la politica in senso ampio. In alcuni casi troviamo l’uso di frammenti di dialetto utilizzato come fatto sonoro o come rafforzativo di alcuni passaggi, per dare una caratterizzazione più chiara a determinate vicende e personaggi. Sono comunque persone che non parlano il dialetto se non in casi eccezionali e lo usano come una delle tante possibilità a loro disposizione.
Oreste Sabadin